venerdì 3 maggio 2013

Scemi di guerra in tempo di pace


L’espressione “Scemo di guerra” ha radici antiche e di tutto rispetto. I primi “scemi di guerra” comparvero ai tempi della prima guerra mondiale. Una guerra di trincea, crudele (ma quale guerra non lo è?) durissima, in seguito alla quale molti soldati riportarono danni mentali più o meno gravi. Gli incurabili divennero nel dopo guerra gli “scemi di guerra”. Per questa particolare categoria di infermi c’erano una forma di rispetto e solidarietà enormi da parte della società, grata a questi uomini di aver perso il senno per difendere la Patria.
Anche la seconda guerra mondiale contò i suoi “scemi di guerra”. A questi secondi però non furono riservati gli stessi onori dei primi, un po’ perché in tempi di ristrettezze economiche, non erano visti di buon occhio quelli che, apparentemente sani, godevano di una pensione di invalidità, un po’ perché dopo la seconda guerra mondiale, ci fu il boom degli anni ’50 e ’60, la gente aveva voglia di divertirsi, di comprare l’automobile e portare la famiglia in villeggiatura. Tutti volevano dimenticare gli orrori della guerra e così l’espressione “scemo di guerra” perse il suo significato più solenne e si trasformò in un'irrisione se pur bonaria, rivolta a chiunque facesse o dicesse qualcosa di stupido. Per rimarcare il tono ridicolo che prese a celarsi dietro questa espressione, la goffaggine e soprattutto l’indipendenza che ormai questo termine aveva dai traumi causati dalla guerra, esso fu arricchito dell’appendice “in tempo di pace” molto in voga negli anni ’60.
“Scema de guerra in tempo de pace”
Era il 1965 e Nerèo aveva da poco acquistato la sua Fiat 500 nuova fiammante. Era un bell'uomo di mezza età e viveva con sua moglie Maria in un paese alle porte di Roma.
Una mattina di buon’ora squillò il telefono. Nereo era un uomo schivo, non rispondeva quasi mai al telefono, figurarsi a quell'ora del mattino. Rispose come al solito Maria. Vuoi per una naturale propensione della donna al pessimismo, vuoi per l’orario insolito di quella telefonata, Maria rispose con una strana sensazione di apprensione, una morsa allo stomaco, quasi si sentisse che stava per ricevere una brutta notizia.
Dall'altra parte una voce di uomo, rotta dal pianto confermò i timori di Maria:”Mari’…è morta mamma…”
La notizia ferale.
“Quando?!” Rispose Maria a voce alta e con gli occhi già invasi dalle lacrime. Come se sapere quando fosse successo il fatto contasse qualcosa.
“Questa mattina” fu la risposta seguita dai singhiozzi.
Maria capì che non era il caso di fare altre domande “arrivo subito!” esclamò e riattaccò il telefono. Subito corse in cucina dove il marito stava leggendo il giornale:
“Corri Nèrio (lei lo chiamava così) mi ha chiamato Giggino, è morta la madre! Povera Anna, poveretta, stava così bene l’ultima volta che l’ho vista”
Nereo quasi saltò sulla sedia per la sorpresa. “Quando?” domandò sconcertato, come se anche per lui facesse qualche differenza.
Marito e moglie conclusero che doveva essersi trattato di un colpo secco, di quelli che te ne vai senza nemmeno accorgertene, magari mentre dormi. La morte dei giusti, la chiama qualcuno.
Maria scosse Nereo ”Andiamo, accompagnami, voglio andare dal povero Giggino, povero cugino mio…chissà che grande dolore, così all'improvviso” .
Nereo, che era solito stare in casa in mutande e canottiera, infilò i pantaloni e una camicia e Maria si tolse la solita vestaglietta da casa e indossò l’abito blu di lana. Era un po’ caldo per quell’abito, ma lei decise che era il più adatto alla circostanza e che avrebbe sopportato.
Maria si ravvivò i capelli con qualche colpo di spazzola e istintivamente prese il rossetto dal ripiano sull’ingresso. Lo aprì, ma poi ci ripensò e non lo applicò sulle labbra. Non si indossa il rossetto quando si va ad una veglia funebre.
Nereo mise in moto la sua bella macchina nuova. Nel guidare quel gioiellino, a quell'ora con le strade vuote e l’aria fresca e cristallina che entrava dai finestrini, lo colse una specie di inspiegabile buonumore che Maria smorzò immediatamente con una specie di nenia che durò per tutto il tempo che la brillante 500 si arrampicò fino al paese della povera trapassata.
“Povera zia Anna. L’avevo vista la settimana scorsa e stava benissimo. Mi aveva parlato di Giggino, dei nipotini. Mi ha detto che quest’anno avrebbero avuto un ottimo vino perché la vigna era già rigogliosa. Che disgrazia, povera Anna, povero Giggino…”
Il tragitto in auto si svolse quasi tutto con questo sottofondo. Le lacrime di Maria sgorgavano copiose e le frasi di cordoglio erano intervallate da momenti di silenzio in cui Maria, le labbra serrate in una smorfia di dolore, gli occhi socchiusi, rivolti verso la strada, scuoteva il capo e si raccoglieva in silenziosi momenti di ricordo della povera zia defunta. Nereo era costernato,come tutti quando vengono raggiunti da una notizia di un lutto improvviso mentre sono tranquilli nella loro cucina una mattina qualunque.
Arrivati a destinazione, Nereo badò di parcheggiare la macchina nel modo più corretto possibile, in modo da non intralciare le operazioni della ditta di onoranze funebri. Scesero dall'auto e Maria appoggiò il braccio su quello del marito. In quei momenti, senza quell'omone un po’ burbero accanto, si sarebbe sentita davvero perduta.
Suonarono al campanello e attesero trepidanti che qualcuno aprisse loro la porta. Dovettero aspettare un po’.  “Deve essere già arrivato il prete…” si affrettò a concludere Maria.
Finalmente la porta si aprì il sangue smise di affluire al volto di Maria per alcuni interminabili istanti, la bocca di Nereo si schiuse un poco, ma non vi entrò ne’ usci nemmeno un filo di aria, l’espressione era di due che avevano appena visto un fantasma e una voce cristallina accolse i due visitatori:” Maria! Nereo! Come mai da queste parti? Che bella sorpresa!”
“Ciao Anna” Riuscì a dire Nereo. Poi poggiò una mano su quella della moglie dandole un leggero colpetto per farle capire che doveva dire qualcosa in fretta.
“Passavamo da queste parti e ci siamo detti: andiamo a prendere un caffè da Anna…”
La visita durò circa un quarto d’ora, presero il caffè, parlarono di Giggino che era al lavoro, dei nipotini di Anna e della vigna che quell'anno, Anna ne era certa, avrebbe dato un ottimo vino.
“Passate a trovarmi a settembre che ve ne regalo una bella damigiana, è vino sincero!”
Maria e Nereo rientrarono nella loro 500 senza proferire parola. Passò qualche secondo, poi Maria si portò la mano alla bocca e chiese al marito:” Oddio, ma allora chi è morto?!”
Nereo scosse la testa:” e vorrà dire che questa veglia funebre te la perderai…brutta scema de guerra…in tempo de pace…”
Maria Scoprì chi fosse la defunta con due anni di ritardo. A onor del vero bisogna darle atto che le sue lacrime per l’anima della trapassata le aveva anche versate, senza sapere a chi fossero dirette però.

6 commenti:

  1. Ciao strana!!!Ormai sono lettrice affezionata dei tuoi post. Uno dei miei libri preferiti è "storie di uno scemo di guerra" di Ascanio Celestini ... lo hai letto? Se no te lo consiglio !!

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  2. Sì! Lo ho letto...è anche un po' grazie a lui che ho rispolverato nella memoria l'espressione che usava così spesso mio nonno Nereo. Grazie per essere una mia affezionata lettrice.

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  3. Fantastico tuo nonno Nereo; immagino quando raccontava questa storia quante risate ^-^ Anche mio nonno aveva la Fiat 500 di un Blu chiaro, interni in pelle rossi e cambio trasparente. Ora l'ha papà come macchina d'epoca.
    Mitici comunque!!!!
    E' tornata la tregua???
    Buon weekend

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    1. Con la piccola peste scatenata, pace fatta da un pezzo...non posso dire lo stesso dell'uomo di casa che prende sempre le difese di quelle due delinquenti! Mi sa che questa sera non lo porto nemmeno a mangiare la pizza...a st'impunito. Ps. Bellissima la 500 d'epoca! Una macchina mitica.

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