sabato 21 novembre 2015

È tutta un'emergenza


Sono reduce da un'emergenza di lavoro. Di quelle che non ti fanno dormire la notte e ti fanno scapicollare perché qualcuno da qualche parte nel mondo si è ricordato all'ultimo di chiamare la professionista delle stranezze e quindi questo qualcuno mentre sta lì che assembla le scartoffie per portare a termine una pratica, all'improvviso si ferma, si batte sulla fronte con il palmo della mano ed esclama:"porco cacchio! Mi sono scordato di chiamare la Strana..."

"Chi?" Gli domanda la segretaria fighetta da dietro gli occhiali all'ultima moda
"La Strana, dai, quella sempre di corsa, vestita male che spesso parla da sola. Quella che chiamiamo quando abbiamo queste pratiche incasinate"
"Capito. Il caso umano. Quella che crede che Birkin sia un personaggio dei cartoni animati" sentenzia la segretaria mentre continua a digitare parole incomprensibili con le sue dita perfettamente smaltate e decorate shabby chic.

Così lo smemorato mi telefona una settimana fa tutto trafelato chiedendomi di fare il miracolo. Si trattava di sistemare un pasticcio presso il Comune di Ladispoli ma bisognava farlo in fretta. Avevo le ore contate, cinque giorni al massimo per portare a termine un lavoro che quelli bravi fanno in due settimane e io in quattro, come minimo. Tuttavia, più che per il lavoro in sé io ero preoccupata del fatto che non sarei mai riuscita ad arrivare sana e salva a Ladispoli, "Una settimana io la impiego solo per trovare la strada" era l'unica cosa che riuscivo a pensare mentre quello continuava a cianciare illustrandomi per filo e per segno la problematica.
Non chiedetemi perché, non so mai il perché, ma ho accettato il lavoro e atteggiandomi a professionista navigata ho risposto:"Vediamo cosa si può fare" poi ho sparato una serie di termini da addetti ai lavori messi lì a caso, senza alcuna logica e ho concluso con un "Tutto chiaro?" 
Non chiedetemi il perché, io non lo capisco mai il perché, ma il cliente mi ha assegnato il lavoro.


Dunque è iniziata per me una settimana di passione, tra i clienti dei lavori arretrati che mi cercavano da tutte le parti e io che schivavo le loro telefonate che manco gli sciatori dello slalom gigante e poi la cena, i toner della stampante quasi esauriti (Magenta, ciano e giallo), le merende, i compiti, la frutta e la verdura, la tosse della polpetta, la dieta, il cane, le amichette, la spesa, il nuoto, e tutto il corredo di nevrosi che allietano la mia vita anche quando non ho L'Emergenza Lavorativa.
Roba che se non fossi già esaurita persa, mi sarebbe venuto l'esaurimento nervoso di sicuro in questa settimana.

Vi risparmio la parte in cui io svolgo il lavoro, lamentandomi peggio di una vecchia con l'artrite e con l'umore uguale a quello degli impiegati degli uffici postali il giorno di paga delle pensioni, direi di passare direttamente alla sera prima della consegna quando io mi trascinavo per casa nel mio pigiama troppo stretto mentre mio marito mi seguiva imitando Verdone nel film Un Sacco Bello che con le mani giunte e mimando il tuffo urla a Marisol :" io, domani, Ladispoli".


Avendo i nervi a pezzi dopo aver passato il pomeriggio a fare avanti e indietro con la copisteria perché ogni volta mi dimenticavo un pezzo di lavoro, quella sera mi sono addormentata stremata alle nove, nel preciso istante in cui la mia guancia sinistra ha toccato il cuscino.
Il mattino dopo è cominciato malamente. La sveglia mi ha sorpreso nel pieno del sonno facendomi saltare in piedi di scatto esclamando :" due chili di carciofi sulla teleferica!"
Ma che faccio la spesa pure nei sogni?
Mi girava la testa, avevo la nausea, ho infilato la porta del bagno e lì ho dovuto constatare che anche il risveglio dei miei intestini sarebbe stato drammatico, infatti ho pagato cara una voglia irresistibile di cachi che mi aveva travolto nei giorni precedenti e che io ho assecondato mangiandone fino a tre al giorno.
Non fatelo mai.
Dunque ho passato la mia ora di beata solitudine, quella fra le sei e le sette del mattino (la migliore della giornata a dire il vero e voi direte "pensa le altre") a preparare colazioni, merende, zaini che poi qualcosa te la dimentichi sempre, tisana detox, frutta, caffè e poi ho dato la sveglia come tutte le mattine al resto della strampalata truppa:



"Giù dalle brande strani, ché siamo già in ritardo"
Questa frase, gridata con il tono di un colonnello dei Marines, in casa mia scatena l'inferno.
Tutte le mattine.
La polpetta si rintana sotto le coperte e al grido di "A me la prima elementare fa schifo! Non andrò più a scuola finché non cominceranno ad insegnarci le tabelline!" porta avanti la sua ribellione contro il sistema scolastico italiano.
La Charmant si ricorda improvvisamente di un compito da fare, o di una lezione da ripetere oppure ti deve raccontare qualche episodio gravissimo accaduto il giorno prima che però lei all'uscita da scuola aveva incredibilmente rimosso per ricordarselo solo in quel preciso istante.


Quanto allo Strano, lui la mattina è non pervenuto. Sta lì e svolge i compiti che io gli assegno, non parla, non partecipa, tenta la fuga in almeno un paio di occasioni, io lo riacciuffo minacciandolo con lo spazzolino applicatore del rimmel e lui si trascina fino al momento in cui non chiude la porta di casa salutandoci con la mano.
Mi immagino sempre che una volta uscite dal cancello, lo Strano si appoggi sfinito alla porta di casa, faccia un gesto di esultanza tipo goleador e si diriga accennando dei passi di samba verso il tavolo della cucina.
Beato lui. In quel momento comincia la sua ora migliore.
Io invece in quel momento comincio una corsa contro il tempo e anche contro tutti i pianeti avversi dell'oroscopo.
Ammesso di riuscire a superare indenni la fottuta rotonda che crea più fila di sei scioperi e dell'udienza generale del papa messi insieme, si deve riuscire a trovare parcheggio, poi ci sono da comprare le merende, gli eventuali buoni pasto, la colla, la matita, la penna, la gomma o forse un flauto, chissà, ogni mattina è una sorpresa, poi ci sono le cartelle da portare in classe, ma mi raccomando senza sbagliare banco e infine aspettare che le Stranette si avviino sfilando verso la classe mandandomi baci languidi con gesti teatrali.
In altre parole, una discesa agli inferi.
Tutte le cacchio di mattine.
Quella mattina in particolare qualche spirito malvagio aveva proprio deciso che io avrei dovuto avere una giornata di merda.



Stavo procedendo mostruosamente a rilento insultando la vecchia davanti a me in fila alla rotonda che li stava facendo passare proprio tutti (tanto a lei frega un cazzo, mica c'ha la campanella che sta per suonare. Ma attenta vecchia, per te presto suoneranno ben altre campane visto gli anatemi che io ti ho lanciato) quando sento squillare il cellulare proprio nel momento in cui stavo soffiando il naso alla polpetta. Comincio a rovistare all'impazzata nella borsa, innervosendomi sempre di più, finalmente lo trovo, lo afferro con rabbia, l'auricolare aggrovigliato con nodi che farebbero impallidire i marinai più esperti si incastra sulla lampo della taschina interna della borsa, tiro con forza, la vecchia davanti a me frena, io me ne accorgo all'ultimo secondo e inchiodo imprecando, alla Charmant cade l'ultimo boccone di pane e marmellata sul tappetino della mia auto appena pulito dallo Strano (ovviamente scientificamente con il lato della marmellata sul tappetino) la Charmant inizia a piangere, io mi giro per stimare i danni e in quel momento il cellulare mi cade esattamente in quella maledetta fessura tra il sedile e il blocco del freno a mano.
Impreco di nuovo, il cellulare smette di suonare. Sento arrivare un paio di messaggi a ripetizione. Mi rassegno al fatto che potrò saperne di più solo una volta arrivata a destinazione.
Finalmente supero l'infernale rotonda e raggiungo la scuola. Lì ho una botta di culo pazzesca perché arrivo nell'istante preciso in cui una macchina sta lasciando libero un posto. Esulto e mi infilo baldanzosa nel posto auto più ambito di tutta la scuola: quello di fronte al cancello. Io mi illudo che quello sia un segno che la fortuna ha iniziato a girare dalla mia parte, in realtà lo spirito maligno che ce l'ha con me, in quel momento si era solo distratto per guardare il culo del trans che passa tutte le mattine su quel marciapiede ancheggiando come una pazza.
Finalmente riesco a scendere dalla macchina e posizionandomi a faccia in giù e sedere in su con fare poco aggraziato, riesco a gran fatica a recuperare il telefono, nel mentre sento gli occhi del gommista puntati dritti sulle mie chiappe.
Leggo i messaggi. È il mio collega:
"Buongiorno, ho provato a chiamarti ma appare chiaro che la tua sordità ha ormai raggiunto livelli preoccupanti. Volevo informarti che ieri abbiamo dimenticato sulla scrivania un'importantissima parte del lavoro da consegnare. Ora ho le carte qui con me ma dovrai passare a prenderle tu prima di andare a Ladispoli"
"Dimenticavo di dirti che il bambino ci ha vomitato sopra, ma niente di grave, sono riuscito a pulire in modo decente. Dovrebbero andare bene lo stesso".
Non reagisco, non commento, ho un rigurgito di rabbia che rispedisco immediatamente in fondo al mio stomaco, dove probabilmente mi procurerà danni irreparabili, decido che mi occuperò più tardi del problema perché ora mi devo concentrare sul l'ingresso a scuola. Trascinando le mie figlie per mano arrivo all'alimentari dove un uomo lentissimo prepara due panini al prosciutto cotto. Mentre quello affetta e io scandisco i millesimi di secondo battendo con il piede per terra, mi viene in mente che oggi la polpetta ha inglese.
Confido nella estrema autonomia della mia secondogenita che solitamente si prepara la cartella da sola senza sbagliare mai un colpo. Faccio male.
"Polpetta hai messo tu il libro di inglese nella cartella, vero amore?"
La polpetta intenta ad osservare delle elegantissime bottiglie di grappa, mi risponde senza nemmeno guardarmi, ammaliata da quei liquidi nobili e trasparenti:" perché oggi che giorno è?"
Il senso di colpa mi assale. Ieri ho pensato a mettere nella cartella della Charmant il flauto e mi sono dimenticata del libro di inglese della polpetta. Non è colpa della bambina, è colpa mia. È sempre colpa mia. Anche il fatto che il figlio del collega abbia vomitato sui fogli che devo consegnare al Comune di Ladispoli probabilmente è colpa mia.
Mi volto verso la Polpetta che ha le lacrime agli occhi. "Non preoccuparti amore, passo da casa a prenderlo" le dico sconfitta e con il cuore in frantumi a causa dei lucciconi negli occhi di mia figlia.
Finalmente l'uomo più lento del mondo ha finito di preparare i panini, glie li strappo dalle mani, pago e corro verso la scuola.
Correndo chiamo lo Strano e gli chiedo se per caso lui riesce a passare da scuola per portare il libro alla Polpetta. Mi risponde che non può perché allungherebbe troppo e farebbe tardi al lavoro. Lo liquido senza troppi convenevoli e continuo a correre.
Arriviamo giusto in tempo. Inizia la sfilata della Charmant. La saluto festosa mentre lei con fare affranto mi chiede un ultimo abbraccio prima di mettersi in fila. Ma che gli faranno a questi bambini a scuola?!
Mi posiziono e aspetto il passaggio della polpetta. Siamo io e il papà avvocato di un'altra bambina; tutte le mattine ci incontriamo lì e ci dimostriamo reciproco rispetto e comprensione mentre aspettiamo la maestra che è immancabilmente l'ultima ad arrivare.
"Oggi ho un'udienza in corte d'appello, se faccio tardi sono rovinato"
Mi confida lui fremendo.
"Zitto va" gli rispondo io disperata "io devo arrivare a Ladispoli e non so manco dove sta"

In quel momento passa la mamma bassissima di un compagno di classe della Charmant.
"Ti prego, mi fai la fila per comprare un buono pasto?! Io devo portare il  bambino fino in classe, ho fatto tardi" mentre lo dice mi appioppa i soldi in mano e scappa urlando "Mi dai il resto ora che scendo, grazie"
Non faccio in tempo a dire di no perché è già scomparsa nascosta dalle altre mamme tutte più altre di lei.
Porca Eva penso io ma intanto mi metto in fila. Un papà davanti a me ci mette una vita a pagare questo santissimo buono pasto e nel frattempo sfila la Polpetta. Io la saluto con un sorrisone e lei con il labiale e uno sguardo disperato mi ricorda il libro di inglese. Il le faccio il pollice alzato e intanto mi maledico per aver accettato di comprare il buono pasto alla bassissima rompipalle.
Finalmente acquisto il buono pasto, mollo il resto ad un'altra mamma a caso dicendole di darlo alla donna più bassa che vedrà passare e scappo.

Entrando in macchina realizzo che lo Strano ha il telecomando del cancello con la batteria scarica e quindi sarei dovuta passare comunque da casa per liberarlo.
Mentre viaggio alla velocità del suono con mille pensieri in testa che mi raggiungono a malapena tanto vado veloce, il telefono riprende a squillare.
Questa volta l'ho messo nella tasca del cappotto ma infagottata e legata dalla cintura di sicurezza come sono, per recuperarlo mi tocca fare delle contorsioni degne di una circense. Il telefono smette di squillare nel momento in cui lo recupero. Non so come sia possibile ma mentre tento di aprire lo sportellino della custodia per vedere chi era a rompermi l'anima questa volta, mi cade di nuovo. Sempre nello stesso punto!
E porca vacca però.
Il telefono riprende a suonare, smette, riprende, smette, riprende.
È senz'altro mio marito.
Avrà realizzato che è prigioniero in casa propria, mi dico. Accelero.
Arriva un messaggio che io non posso leggere e in quel momento guardando il quadro mi accorgo che non sto viaggiando a gas ma a benzina. Guardo l'indicatore e realizzo che mio marito ieri mi ha esaurito il gas quando gli ho dovuto prestare la macchina per via delle targhe alterne e anche il serbatoio della benzina è in riserva.


Lo ammazzo penso. Rallento. La benzina costa oh.
Finalmente arrivo a casa dove mi illudo di trovare il mio consorte già pronto vestito di tutto punto sulla porta di casa.
Entro parlando da sola, e mentre afferro il libro di inglese comunico allo Strano che il cancello è aperto e che può uscire.
È lì che lo scroscio dell'acqua della doccia mi rivela che quel balordo è ancora sotto la doccia.
"Ma non avevi fretta tu?! Ancora così stai? Che cacchio hai fatto finora?" Lui mentre si strofina impunito mi risponde "come che ho fatto? La colazione, la cacca, poi ho ho tolto i panni dall'asciugatrice e ora mi faccio la doccia. Che dovevo fare?!"
Questi sono i momenti in cui una rimpiange di aver buttato quegli zoccoli di legno che portava negli anni '80 e di non essersi iscritta alla scuola calcio femminile. Perché se avessi potuto e saputo farlo, gli avrei tirato una zoccolata con quei tiri a palombella in cui l'oggetto calciato parte dal piede e fa una parabola perfetta finendo sulla testa del proprio innamorato.


Pensando che glie la farò pagare cara esco di casa sbuffando.
Riesco a raggiungere il collega che mi tira i documenti dal finestrino della sua macchina e riparto verso la scuola delle Stranette.
Arrivo trafelata e inchiodo dritta in un parcheggio a pagamento. Naturalmente non ho né spicci né tempo per fare il ticket quindi confido nel fatto che il trans fa spesso avanti e indietro su quel marciapiede e che lo spirito maligno che mi perseguita si distragga di nuovo.
Faccio irruzione nella classe della polpetta e le porto il libro e un bacio. Lei mi blocca e mi sussurra all'orecchio:" uno, ho perso l'alfabetiere e qualcuno la pagherà cara per questo, due mi prendi un po' di sabbia a Ladispoli? Quella nera  che mi hai preso l'altra volta, ti prego, ti prego, ti prego..."
Me la stacco dal collo e per farla tacere acconsento.
Mentre sono sulla porta la maestra timidamente mi chiede:" mi scusi, giacché è quì, le posso chiedere se mi va ritirare una busta in segreteria? Se non ha fretta naturalmente..."
" No che fretta, si figuri, vado subito..."


Mi precipito in segreteria facendo i gradini a due a due. Ritiro la busta e risalgo facendo i gradini a tre a tre. Rientro in classe e non ho il fiato per parlare, la maestra mi ringrazia e io non riesco a rispondere. Mi limito ad un sorriso finto e corro via.
Mi ributto in macchina e constato sconvolta che sono quasi le dieci del mattino. Ho due ore scarse per arrivare a Ladispoli, passare dal cliente a prendere un ultimo documento e poi protocollare tutta la pratica al comune. L'impresa è disperata. Incrocio le dita e parto.


Sono ottimista. Ce la posso fare.
Arrivo sul raccordo e il mio ottimismo crolla a picco. C'è una fila ininterrotta fino all'Aurelia.

Non so come, ma procedendo a passo d'uomo per la maggior parte del tragitto riesco a raggiungere l'Aurelia. Le mie coronarie me la faranno pagare per questo, ma intanto sono sulla retta via.
Chilometri percorsi fin là, mille mila.

Non ricordo molto della mezz'ora successiva, so solo che alla fine ho raggiunto il municipio di Ladispoli e ho protocollato alle 11.30.
Realizzo che ho addirittura il tempo di fermarmi a prendere la sabbia per la polpetta prima di precipitarmi a riprenderla a scuola perché ha la tosse e oggi non vorrei lasciarla al doposcuola quindi parcheggio alla bene e meglio sul lungomare e schivando una ventina di ragazzini che si sbaciucchiano (ma questi non dovrebbero stare a scuola a quest'ora?) infilo una bottiglia nella sabbia e prelevo il mio campione.
Torno verso la macchina sentendo una gran puzza e augurandomi che non sia la sabbia a puzzare così ma qualche fogna.
Una volta rientrata in macchina riparto di slancio determinata ad imboccare al primo colpo la strada giusta. Malgrado mi allontani dal tombino dal quale avevo sperato provenisse la puzza, l'afrore quasi si intensifica.
Comincia a venirmi un dubbio. Che abbia pestato una merda?
Infilo l'Aurelia miracolosamente e la puzza è insopportabile. È indubbio. Ho pestato una merda.
Accosto, scendo e comincio a strusciare il piede sull'erbetta a bordo strada. Con un fazzoletto di fortuna pulisco il tappetino. Mi fa schifo. Mi fa tantissimo schifo, ma non ho tempo di pensarci.


Riparto e riesco miracolosamente a trovarmi davanti alla scuola per recuperare la polpetta.
Sorrido esausta mentre la polpetta mi abbraccia e mi dice "Hello!".
Sono sopravvissuta. Fino alla prossima emergenza.

martedì 23 giugno 2015

Mariongiola parte seconda

Si avvicinava il giorno della partenza e dalle parole di Marino, si intuiva che qualcosa di strano gli frullava per la testa.
"Mari', l'hai trovato questo camper?"
"Sì ragazzi. Un'ottima macchina. Vedrete che robetta. Nuovo, ben tenuto, il prezzo è accessibile. Sto facendo proprio un bel servizietto. Solo una piccola cosa...insomma, non è un problema eh, si risolve. Però mancherebbe un posto letto...ma tranquilli, io mi butto in una stanzetta da qualche parte, mi lasciate là la sera, mi faccio tre o quattro ore di sonno e poi vi raggiungo. Non ve ne accorgerete nemmeno. Intendiamoci, io amo la vita en plein air, mi ricorda la mia infanzia, però se manca un posto che posso fare? Qualcuno si dovrà sacrificare, e quel qualcuno sarò io".

Marino c'aveva fregato. Zitto zitto, aveva creato le condizioni per defilarsi dal camper, avere una stanza confortevole, farsi una doccia in santa pace, dormire da solo e svegliarsi tutto riposato al mattino seguente, poter fare la cacca senza nessuno nel raggio di quattro metri e il tutto fingendo che fosse assolutamente casuale e non voluto. 
Dal canto mio, non riuscivo a prendermela con uno che aveva utilizzato l'espressione "en plein air" con tanta disinvoltura e dunque gli ho fatto passare impunita la manovra paracula.
Marino però non aveva fatto i conti con il talento individuale.

Sì perché ognuno di noi ha dei talenti. Alcuni del tutto inutili, io per esempio riesco a piegarmi i pollice fino all'avambraccio facendo rabbrividire il Super ogni volta, Amichetta ha il potere, ovunque si trovi, di attrarre l'esemplare di sesso maschile più strampalato del circondario, Uga ha il talento del canto e così via. 

Mio marito lo Strano invece, ha il talento di riuscire a pizzicare sempre la struttura ricettiva migliore ovunque si trovi: serve un ristorante? lui ti porta dove si mangia bene e si spende poco. Serve un hotel? Un agriturismo, un B&B? Arriva lui e ti scova quello con il miglior rapporto qualità prezzo e nella posizione più strategica. Non c'è niente da fare, è imbattibile.

Proprio perché io riconosco questa sua dote, quando c'è da prenotare qualcosa, io mi rivolgo a lui. Gli fornisco destinazione, date del check in e del check out, numero di partecipanti e lui in men che non si dica, organizza l'evento. Un professionista.

Peccato che quando ormai eravamo a pochi giorni dalla partenza, il "professionista" non si era degnato di mettersi a cercare un agriturismo ligure che avesse anche delle piazzole sosta camper, come io gli chiedevo di fare da giorni.
Lo Strano infatti sta attraversando un periodo di forte devozione al lavoro e con questa scusa, ha trascurato il suo dovere di cercatore di hotel.
Una sbadataggine che poi ha pagato cara.
Dunque, inforcati gli occhiali e al grido di "Lascia perdere guarda, ci penso io. Che ci vorrà mai mi domando..." mi sono messa davanti al computer alla ricerca di un posto dove potessimo parcheggiare il camper e dormire al sicuro e allo stesso tempo piazzare Marino in una camera con un tetto sopra la testa.
Non ci ho messo molto. In men che non si dica, la ricerca mi ha condotto qui:



Non mi sembrava poi così male e in fondo era solo per una o due notti. Ma sì, senza pensarci troppo, ho telefonato e ho prenotato.
Detto fatto. Poche ore dopo eravamo tutti a bordo del Camper parcheggiato davanti alla scuola delle bambine ad aspettare che la campanella suonasse.
Alcune mamme curiose si avvicinavano a sbirciare e si complimentavano con Marino per la scelta, mentre io facevo tutti gli scongiuri possibili convinta del fatto che l'invidia di quelle donne ci avrebbe portato a scapicollarci in un fosso con tutto il camper a pochi chilometri dalla partenza. Ancora non sapevo che in realtà c'era ben poco da invidiare.
Finalmente le bambine sono arrivate mano nella mano, appesantite dai loro esagerati zaini sempre troppo rosa, seguendo ordinatamente la maestra e si sono infilate con un tuffo a volo d'angelo nel mezzo di trasporto.
"Queste portano zella, porca Eva. Sbrighiamoci ad andare via da qua" Intimavo io a tutti i presenti, parlando a denti stretti, infastidita dalle mamme che come mosche continuavano a girarci intorno.
Appena le indiscrete menagramo si sono allontanate, Marino impaurito dai miei anatemi ha infilato la prima con gesto solenne e siamo partiti.
All'inizio del viaggio l'entusiasmo era alle stelle: Le bimbe felici mangiavano panini, il gruppo cantava, accennava passi di danza, qualcuno inaugurava il bagno del camper, uno stacanovista riceveva telefonate di lavoro, io e Bellezza del Somaro ascoltavamo musica e spizzicavamo ogni ben di Dio (i giorni del rigore erano lontani) con la scusa di soffrire il mal d'auto e tutto sembrava procedere per il meglio.
Dopo quattro ore di viaggio e sei soste, nessuno degli adulti era più molto convinto che la scelta del camper fosse stata tanto brillante. Le bambine invece continuavano a divertirsi come matte mentre lo Strano continuava a ricevere telefonate di lavoro e Marino non ne poteva più di guidare ed ascoltare tutti i cacchi dei clienti di mio marito.
Alla quinta ora di viaggio, anche le bambine iniziavano a dare segni di insofferenza. Io e Bellezza del Somaro, non ci parlavamo più e Marino continuava a guidare e a resistere all'impulso di lanciare il cellulare dello Strano fuori dal finestrino.
Dopo sei ore di viaggio eravamo davanti al cancello dell'Agriturismo.
Ormai era buio e si era fatta l'ora di cena e anche se io e la mia compagna di merende non eravamo esattamente a stomaco vuoto, non mi dispiaceva l'idea di mettere le gambe sotto il tavolo e farmi servire una bella cenetta completa.
Non avevo fatto i conti con la mia mancanza di talento però.
Abbiamo spedito Marino in avanscoperta e la sua espressione al ritorno non era esattamente rassicurante. 
"Venite, io ho già visto tutto, la signora o signore non ho capito bene cosa fosse, ci sta indicando la strada" ha detto impallidito.
Una donna dall'aspetto inquietante ci ha accompagnati su una grossa terrazza sulla quale si affacciavano due porticine che dovevano essere le due stanze a noi dedicate.
"Sbaglio signora o ci dovrebbe essere anche un padrone di casa, mi sembrava di averlo letto su internet..." ha tentato di socializzare Marino.
"Mio marito, signore è venuto a mancare poco tempo fa." ha tagliato corto la vecchia facendo cadere un silenzio raggelante nella comitiva.
"Bella figura de merda Mari'" Ha commentato lo Strano a mezza bocca.
"Questa ci massacrerà tutti questa notte cogliendoci nel sonno e naturalmente comincerà da Marino" Ho aggiunto io terrorizzata.
La donna ha fatto per aprire la porta di una delle stanze ma appena ha infilato la chiave nella toppa una zaffata di naftalina ci ha investiti tutti lasciandoci tramortiti per qualche secondo. Le prime a riprendersi sono state le bambine che, probabilmente sotto l'effetto della sostanza tossica appena inalata, hanno cominciato a correre all'impazzata sulla terrazza. Noi adulti privi delle forze e della lucidità necessarie a fermare le piccole invasate, ci siamo affacciati a guardare quello che sarebbe stato il tugurio che avrebbe accolto la difficile nottata del povero Marino. Una stamberga rimasta chiusa probabilmente dal 1976.
Lo Strano, che nel pomeriggio, invidioso di Marino si era fatto preparare la stanza accanto alla sua, una volta visto cosa lo aspettava, ha cominciato ad indietreggiare e mettendo le mani avanti ha balbettato:"si-signo-gnora, per me... guardi, io...veramente,..."
"Sputa il rospo figliolo!" ha tagliato corto l'anziana infastidita assumendo l'espressione delle vecchie nei film western, mancava solo che sputasse per terra un tocco di tabacco.
L'intervento della vecchia ha dato allo Strano il tempo di riordinare le idee e inventare un paio di scuse secondo lui plausibili:
"Per me la stanza no grazie. Sa le donne hanno paura a rimanere da sole nel camper e poi le bambine sono molto attaccate alla figura paterna, inoltre amo la vita en plein air (l'espressione piena di fascino usata da Marino evidentemente non aveva colpito solo me) e vorrei godere appieno della nottata che ci attende per rendere davvero indimenticabile questo magico week-end sapientemente organizzato da mia moglie e da quest'altra..." 
Fantastico discorso, io e Bellezza del Somaro abbiamo ascoltato interessate ogni parola e alla fine abbiamo accennato anche un timido applauso mentre Marino appoggiava una pacca sulla spalla dell'oratore. Peccato che la vecchia avesse girato i tacchi e se ne fosse andata già dopo le prime sei parole, lasciando lo Strano a parlare da solo nella semioscurità e tramortito dagli effluvi della naftalina e noi altri allibiti a domandarci dove si comprasse la naftalina al giorno d'oggi.
Mesti e sfatti (e pure un tantino fatti grazie alla naftalina) siamo tutti tornati nel camper mentre Marino andava a fare un sopralluogo nella sala da pranzo.
Dopo cinque minuti qualcuno ha bussato alla porticina del camper. Era Marino:"Allora rega' non vi impressionate. Questi tre sono bruttissimi, ma proprio orrendi, uno peggio dell'altro e il posto è 'na merda. Ma voi non vi allarmate, mantenete la calma e venite a cena che è pronto. Scendete per le scalette a sinistra e state attenti a dove mettete i piedi che è buio pesto, bontà divina!".
Siamo partiti incuriositi quanto terrorizzati procedendo in fila indiana e cercando di non scapicollarci in quella che è apparsa a tutti come una discesa agli inferi. Ciascuno di noi cercava di sorreggersi poggiando la mano sulla spalla dello sventurato davanti a sé.
Alla fine del percorso accidentato abbiamo scorto una lucina che illuminava una porta malmessa di quelle in alluminio che tanto andavano di moda nei primi anni '80.
Lo scenario che ci si è parato davanti appena varcata la soglia è stato sconcertante. Ci avevano fatti entrare dalla cucina e fin qui niente di male, se la cucina non fosse stata questa: 




Dalla cucina ci siamo spostati nella sala da pranzo dove non mancava proprio nulla. C'era anche un comodo divano dove accomodarsi a sorseggiare un cocktail aspettando la cena.
ah no, il divano non si poteva usare, era già occupato. Dal gatto.

Io e Bellezza del Somaro ci siamo prese per mano mentre le bambine incuranti hanno iniziato a giocare con il cane. Sì perché nella sala da pranzo, oltre al gatto, c'era anche il cane...
Ci siamo sentiti tutti in trappola.
Subito abbiamo appreso che la vecchia padrona di casa, Mariongiola, era aiutata da due tuttofare  a mantenere in piedi la baracca. Un uomo e una donna, marito e moglie. Lei, molto simile a Igor, l'indimenticabile personaggio del film Frankenstein Junior si occupava della cucina e lui identico sputato ad un indiano moderno di quelli che vivono nelle riserve farlocche degli Stati Uniti, con capelli lunghi e lisci e la panza pronunciata, pensava al giardino e all'orto.
Ci siamo accomodati tutti a tavola, un tavolone lungo rettangolare che faceva molto comune degli anni '70. E quando dico tutti, intendo tutti, compresi il gatto, comodamente accucciato sulle cosce di Mariongiola che ogni tanto faceva capolino e prendeva del cibo dalle mani della padrona e il cane al quale invece era riservata una sedia a parte.
Il menù della cena prevedeva uova sode tirate fuori quella sera stessa dal sedere delle galline, tutte rigorosamente dotate di un nome proprio, pasta fatta a mano con farina biologica, purtroppo impastata dalle stesse mani di Igor subito dopo aver estratto le uova come sopra descritto, patate coltivate dall'indiano nell'orticello dietro la casa, pane condito con l'olio prodotto da Mariongiola, pollo alla cacciatora. Non abbiamo voluto conoscere i dettagli della provenienza del pollo, ma chissà perché io sono riuscita ad immaginare tutta la scena del massacro della povera bestia ad opera dell'indiano che probabilmente subito dopo aver scotennato la bestiola, ne ha estratto il cuore dal corpo e lo ha sacrificato agli dei.
Durante tutta la cena io ho accuratamente evitato di guardare mio marito, ben sapendo cosa mi sarebbe accaduto se solo avessi provato a rivolgergli la parola. Ma nonostante non lo degnassi nemmeno di un mezzo sguardo, mi sentivo i suoi occhi addosso che mi bruciavano come un laser perforante ed avvertivo il suo risentimento anche senza che mi dicesse nulla. La sua voce risuonava nella mia testa secondo uno strano fenomeno di telepatia astiosa "Tu guarda dove cacchio sei riuscita a portarci, testa a pera!".
Con un certo ghigno di soddisfazione, ben conoscendo la mia avversione nei confronti degli esseri striscianti, il mio consorte mi ha fatto notare che il gatto e il cane non erano gli unici due animali presenti nella stanza...



Mariongiola, tutta orgogliosa del suo cimelio, ci ha tenuto a sottolineare che quella vipera era lì dal 1980 e che le veniva cambiato periodicamente l'alcool affinché non si rovinasse il suo splendido colore verde.
La serata è andata avanti a suon di gaffe, Marino ne ha infilate un altro paio come quando ha scambiato l'accento milanese di Mariongiola per straniero chiedendo alla donna se fosse Tedesca, ma anche mio marito ci ha messo del suo facendo qualche domanda personale a Igor e al toro seduto de noantri, che hanno cominciato a snocciolare tutte le tremende disgrazie che erano capitate loro nella vita e che loro però raccontavano accompagnandole con un inquietante risatina satanica. Una catena di sciagure degna di una tragedia greca raccontata da due personaggi del Rocky Orror Show.
"Questi ci ammazzeranno tutti e faranno scavare al cane una fossa dove nasconderanno i nostri resti..." commentavo io sussurrandolo all'orecchio di Bellezza del Somaro mentre sbucciavamo uova sode.
"Vedi, è qui che ti sbagli cara, perché sarò io ad ammazzarti" Rispondeva mio marito continuando a sottolineare ogni particolare scioccante presente in quella fottuta sala da pranzo.
Finito il frugale pasto ci siamo diretti ognuno nel proprio giaciglio. A mio marito è stato riservato il letto più scomodo del camper che lo ha costretto a dormire di sbieco tutta la notte. A Marino non è di certo andata meglio dato che ha dormito vestito e ha sniffato naftalina tutta la notte.
Il mattino seguente, grati di essere tutti ancora vivi, siamo scappati alle sette, saltando la colazione già preparata da Mariongiola e Igor con una scusa che abbiamo fatto inventare a Marino. Deve averne inventata una piuttosto scarsa, dato che Mariongiola ci ha presentato il conto di tutti i servizi che avevamo richiesto e poi non consumato.

Questa esperienza ci ha segnati per sempre tutti, siamo più uniti ora, più saggi e ci sentiamo anche più forti. Si affronta il mondo con una consapevolezza diversa dopo che si è sopravvissuti ad una simile vicenda.

A onore del vero va aggiunto che per la seconda notte, tutti ci siamo rifiutati di dormire in camper, così dopo un intero pomeriggio passato da Marino a fare telefonate nel vano tentativo di trovare una pensioncina che potesse ospitarci per la notte, mio marito ha preso in mano il telefono e con un'unica chiamata ha trovato un hotel a 4 stelle al centro di Pisa che al prezzo di una pensione ci ha rimessi al mondo tutti. Il professionista è tornato.

domenica 17 maggio 2015

Mariongiola. Racconto di viaggio PARTE PRIMA

PROLOGO DI UN RACCONTO SU UN VIAGGIO
Mi affaccio appena dalla porta della camera da letto. Scorgo una massa informe e immobile che emette un gemito flebile."Come ti senti Strano?"
"Ma che ne so? Ho mal di testa, mi sento uno straccio credo di avere la febbre". tre colpi di tosse.

Lo Strano ha preso l'influenza. Io lo avevo previsto.
Si è beccato la coda influenzale, quella peggiore di tutte.
Lo Strano aveva resistito strenuamente mentre tutte noi Strane di casa cadevamo una dopo l'altra sotto i colpi dell'influenza e lui sghignazzava, il perfido. Sosteneva che noi donnicciuole di casa non avevamo il fisico, ci eravamo beccate proprio una bella influenza in piena regola, con moccio, febbre, dolori vari e tutto il resto.
Ora è lui a giacere nel letto incapace di intendere e di volere, ha un occhio gonfio per via della congiuntivite e chiede di essere abbattuto perché sta troppo male.

Esco dalla stanza, mi reco mestamente a preparare del riso in bianco. Non nascondo un sorrisetto che mi spunta sulle labbra. "Sta a pezzi poraccio" dico ad Amichetta che è venuta a trovarmi per cena. Amichetta versa il vino e si preoccupa per lo Strano.
prendo il pentolino e lo riempio d'acqua:" e sì che solo ieri mattina correva per il giardino in mutande. Io dovevo uscire per portare le stranette dalla pediatra, ero di corsa come sempre, urlando di qua e di là, ti vedo lo Strano sereno che si dirigeva verso il cesso".
Amichetta sorseggia il vino e invidia lo Strano per la sua regolarità intestinale.
"L'ho guardato male e gli ho intimato di far entrare il cane ma di tenerlo rigorosamente sul pianerottolo di casa mentre noi uscivamo con la macchina, altrimenti quel quadrupede indisciplinato si sarebbe precipitato in strada non appena intravisto uno spiraglio di libertà. Senonché mentre ero intenta a legare le stranette a doppia mandata con la cintura di sicurezza, ti vedo il cane che fila fuori di casa con la coda fra le gambe e accennando dei conati di vomito e mio marito in mutande, ciabatte, calzini e maglietta della salute che corre dietro al quadrupede. "L'ho dovuta far uscire, questa stava per vomitare, cacchio! Non preoccuparti, ci penso io a non farla scappare, tu sbrigati ad uscire però, guarda io in che condizioni sono". Io invece di aiutarlo o  di affrettarmi, ho inforcato il cellulare e gli ho scattato una fotografia".
Mostro orgogliosa la foto ad Amichetta. "hai fatto bene" commenta lei, mal celando l'invidia che prova nei confronti dello Strano. Pensare alla regolarità intestinale di mio marito la metterà di cattivo umore per il resto della serata. Mi confessa che adesso confida nel Reiki e nei cinque tibetani che forse salveranno il suo intestino. Brindiamo al reiki e alla nuova vita dell'intestino di Amichetta.
Mentre giro il riso mi lamento, dico che non ne posso più, stiamo tutti male da non so più quanto tempo.
 L'ultima volta che siamo stati tutti bene è stata un mese fa, quando siamo andati a Genova. Mi distraggo, la mia mente vaga e torna indietro a quel giorno di Marzo che ci ha visti protagonisti di un'impresa a dir poco ambiziosa.
Faccio scuocere il riso.

ANTEFATTO DEL RACCONTO DI VIAGGIO
Un giorno nell'auto della Strana che procede a singhiozzi infilandosi nel bosco di Strambolandia...
"Allora Charmant, dimmi come va a scuola con la Stronza?"
"Mamma, non chiamarla così"
Mia figlia è troppo ben educata, devo impegnarmi un po' meno.
"Ok, hai ragione, mi correggo. Deve mangiarne ancora di sale prima di poter accedere a quel'appellativo. Come va con la stronzetta?"
"Bene"
"Cosa intendi?"
" Uffa, mamma va bene, insomma lei a volte è ancora cattiva con me, ma io ora mi difendo un po' "
" Ti difendi? Tipo come?"
" Per esempio ora FraFri è più amica mia che sua"
"Uhm. Continua..."
"Niente, cosa devo dirti, questa cosa la fa arrabbiare perché lei è invidiosa"
Sorrido sardonica. Mi gonfio di orgoglio. Non so quanto mia figlia ne sia consapevole, ma in fondo quello che sta facendo è portare via alla stronzetta un'amichetta alla quale tiene molto. Bene, molto bene, mi dico, la bambina sta crescendo bene, troppo educata, ma bene.
"E poi l'altro giorno in classe mi sono arrabbiata tanto perché lei si stava comportando male con me ma senza farsi sentire dalla maestra, così mi sono alzata in piedi ed ho urlato BASTA! NON NE POSSO PIÙ QUESTA MI DA' IL TORMENTO!"
"Sì la maestra mi aveva accennato qualcosa al riguardo, mi ha detto che da quel giorno vi tiene divise, in poche parole te la sei tolta dalle scatole"
"Eh già. Che c'è oggi per pranzo?"

IL RACCONTO
La storia di oggi è il racconto di un viaggio, il dialogo appena riportato avveniva alcune settimane prima. Poi una sera era un venerdì, eravamo a cena noi strani, FraFri e i suoi genitori. Il venerdì alcolico, così lo avevamo definito noi adulti prima che io e la mamma di FraFri ci mettessimo a dieta e bandissimo l'alcol dalla nostra alimentazione detox. Cioè a dire il vero, la mamma di FraFri non è che sia proprio un'entusiasta del dimagrimento, ma io l'ho coinvolta e la costringo a disintossicarsi insieme a me. Via i nemici bianchi (zucchero, sale, farine bianche e latte) via i dolci, il vino e tutte le meravigliose leccornie di cui ci siamo rimpinzate durante il lungo inverno passato e che ci sono costate una decina di chili a testa. Porca Eva.

La mamma di FraFri è anche detta Bellezza del Somaro da quando la mamma invidiosa di un compagnuccio di classe della Charmant la ha appellata così, alludendo alla bellezza tipica della gioventù.
Dunque l'atmosfera era allegra, briosa, direi brilla. Si parlava delle bambine, di come fossero unite, del fatto che fosse nata tra loro un'amicizia molto bella.
E vai col brindisi.


"Bisognerebbe far fare loro un viaggio insieme" qualcuno ha detto.
L'idea è stata festeggiata con un altro brindisi,

"Da tanto tempo vorrei portarle all'acquario di Genova" ho buttato là io.
Cin Cin.
L'attività principale della serata era diventata sparlare dei vari personaggi improbabili che popolano la scuola delle stranette. In vino veritas.
"Ho sempre pensato che all'acquario di Genova avremmo potuto andarci in camper" ho detto io senza pensarci troppo.
Un momento di silenzio.
Bellezza del Somaro, ha accolto con un certo entusiasmo l'idea e per festeggiare ha sorseggiato del buon vino rosso.
Gli uomini non erano altrettanto sicuri che quella del camper fosse una buona idea. Non sapendo bene come prendere l'argomento, tacevano e bevevano vino. Ad un certo punto hanno trovato le parole, quelle sbagliate ovviamente e hanno cercato di dissuaderci con argomentazioni ben poco convincenti, infatti non sono riusciti minimamente nel loro intento.
Così hanno bevuto un altro sorso di vino per farsi coraggio; è stato così che l'idea del camper ha cominciato a diventare meno peregrina nelle loro teste vagamente offuscate dall'alcool.
Quello meno convinto di questo camper era il padre di FraFri, il quale ha un nome altisonante da patrizio romano ma per preservare la sua privacy lo chiameremo con un nome di fantasia: tipo Marino.
Abbiamo fatto altre ipotesi, giusto per fare contenti gli uomini. Si potrebbe valutare la formula treno+hotel oppure macchina+ hotel. Sì, ma troppo costosa, troppo faticosa, poco divertente.
Chiediamolo alle bambine, ci siamo detti. In fondo la gita la stiamo organizzando per loro.
Interpellate le minori non hanno avuto dubbi. La Charmant ci ha subito improvvisato la scenetta del giorno in cui le saremmo andate a prendere fuori dalla scuola con il camper e loro uscendo avrebbero salutato la stronzetta dicendo:"ciaoooo, noi andiamo a Genova con il camper, tu rimani pure al doposcuola a fare i compiti e mi raccomando, divertiti".
Marino, che ben conosceva tutte le sofferenze attraversate dalla Charmant a causa della stronzetta,  ha capito immediatamente:" Si va con il camper" Ha sentenziato senza più ripensamenti.
Un bel brindisi ha salutato la decisione presa.
"Ma siete proprio sicure di fare questa zingarata?" Ha poi chiesto Marino, facendo un ultimo disperato tentativo.
"Alla faccia di chi ci vuole male" abbiamo risposto io e Bellezza  del Somaro facendo tintinnare i nostri bicchieri.
Marino si è visto perso. "e va bene, ma almeno lasciate che ci pensi io ad occuparmi del noleggio della vettura"
Marino aveva già nella sua testa un piano perverso...
CONTINUA...

domenica 10 maggio 2015

Festa della mamma e crisi isterica della mamma

Sono reduce da due settimane infernali. Non so più quanti termometri ho infilato sotto ascelle varie, non so quante medicine ho somministrato (più o meno arbitrariamente) le parolacce il mio pane quotidiano, le imprecazioni non le contavo più, appuntamenti rimandati, lavori slittati, figuracce, tensione. Signori in casa Strana è entrata l'influenza.

La fottuta ondata influenzale tardiva ha travolto tutto e tutti quelli che si è trovata lungo il cammino, tranne lo Strano che per questo motivo si aggira per casa tronfio sostenendo di avere gli anticorpi con i contromaroni. Vi terrò aggiornati sugli sviluppi. Tuttavia è risaputo che la coda dell'influenza, quella che probabilmente colpirà lo Strano a breve, è la più pestifera e virulenta.

Sabato mattina abbiamo raggiunto l'apice di queste due settimane di delirio collettivo. La Charmant si è svegliata con una leggera febbriciattola che si è trasformata nel giro di poco in un ennesimo picco da 39 gradi centigradi simile a quelli a cui ci aveva abituato negli ultimi quattro giorni. è stato allora che non ne ho potuto più e ho svalvolato.
Di solito al quarto giorno di febbre di un bambino si contatta un pediatra, si decide per la somministrazione di un antibiotico, si effettuano degli accertamenti, cose così.
A casa nostra invece al quarto giorno di febbre, alla mamma prende una crisi isterica.

Ho un ricordo vago di quello che ho fatto e detto in quei minuti di ordinaria follia, ma ricordo di aver urlato, assunto medicinali antidolorifici, terrorizzato il cane, maltrattato mia madre, sculacciato la Charmant, sparato soluzione fisiologica all'impazzata, mi sono rinchiusa in bagno, ho svuotato la lavastoviglie, ho richiamato all'ordine lo Strano che ignaro stava raccogliendo le cacche del cane dal cortile, ho lavorato, sono salita sulla Cyclette ellittica mentre la Charmant vomitava l'antipiretico, ho sostenuto un ritmo forsennato per venti minuti fino a rompere la Cyclette Ellittica, infine mentre insultavo e maledicevo tutti i costruttori di Cyclette ellittiche ho somministrato del cortisone alla Charmant.
Ho distrutto l'ellittica. Non ha retto la rabbia.
Porco boia, non ci voleva la rottura dell'ellittica. Senza di lei la dieta spietata che sto seguendo non mi garantirà il dimagrimento previsto. Ora come farò? Come farò mi chiedo?

Cyclette ellittica a parte, sarà stato il cortisone, o più probabilmente le mie urla, fatto sta che la febbre della Charmant è immediatamente scesa. Si è piazzata intorno ai 35 gradi e non è riuscita a raggiungere i 36 nemmeno a calci nelle successive 24 ore.
Qualcuno ascoltando questa storia ha commentato che ho spaventato il virus della Charmant. Ipotesi per nulla peregrina..

Lo Strano ha anche cercato di rabbonirmi portandomi ben due mazzi di calle come anticipo per la festa della mamma, ma è servito a poco.
Le dimensioni dei mazzi di fiori sono direttamente proporzionali alla disperazione dello Strano
Intanto tutti mi evitavano. Mia madre è scappata alla chetichella, le mie figlie quando mi vedevano passare fingevano di dormire, mia sorella mi ha passato sibillinamente il numero di telefono di un pediatra disposto a fare visite domiciliari, naturalmente a patto che io tacessi e fingessi di essere una persona sana di mente durante la visita.
La mattinata è andata avanti così, fra uno scatto di nervi e una lavatrice perché nemmeno quando è preda di crisi isteriche una si può fermare, porca vacca, commentavo io infilando nervosamente il bucato nella lavatrice. Proprio facendo questa considerazione, la sera a cena ho avuto una delle mie idee geniali:" Io vi ringrazio dei bellissimi fiori" ho detto ai miei familiari fingendo di aver ritrovato il senno " belle le calle, belli i bigliettini di auguri, ma se permettete vorrei chiedere io il mio regalo per la festa della mamma"
Le mie figlie mi hanno guardato insospettite. Mio marito mi dava le spalle fingendo di essere troppo preso dalla cottura degli arrosticini per potersi girare. In realtà la sua fronte si stava imperlando di sudore e lui recitava il rosario in latino chiedendo al suo santo protettore di salvarlo anche questa volta.
"Domani mi preparerete il pranzo della festa della mamma! Io non ne dovrò sapere niente. Sarà una sorpresa. Penserete ad un menù, preparerete la lista della spesa e tutto il resto. Che ne pensate?"
Le Stranette hanno dimenticato all'istante il clima di terrore che avevo seminato fino ad allora, lo Strano invece si è girato pallido, brandendo un arrosticino e ha dissimulato entusiasmo esordendo con un hip hip hurrà niente affatto convincente.
Si sono riuniti tutti e tre in sala lasciandomi sola in cucina. Ogni tanto sentivo lo Strano lamentarsi "eh no ragazze, questa cosa papà non la sa cucinare, faremo un'altra cosa..." Io ghignavo soddisfatta.

La mattina dopo di buonora sono uscita con quel fenomeno del nostro cane e ci siamo recate al bar per comprare cornetti. Il cane ha creato lo scompiglio fra i tavolini rovesciando ben tre sedie e cercando di saltare in braccio ad un'anziana che stava mangiando un saccottino al cioccolato. Le bariste mi hanno lanciato il sacchetto pregandomi di andarmene al più presto. La mia colazione dunque non è stata delle più rilassanti. Porco cane, è proprio il caso di dirlo, la prima colazione decente da un mese e il quadrupede me la manda di traverso.
Tornata a casa ho cercato di ritrovare l'allegria andandomene a correre. 45 minuti spaccachiappe terrorizzata che dall'erba troppo alta potesse spuntare un serpente. Meglio, sono andata più veloce. Cornetto smaltito di sicuro.
Alle 11.30 finalmente i tre cuochi si sono messi all'opera. Questo uno stralcio della conversazione:

POLPETTA:"Voglio pelare io le patate!"
CHARMANT:"no, le voglio pelare io"
STRANO:" ma c'è un solo pelapatate. NO, ferme! così vi taglierete. Ci penso io, voi farete qualcos'altro. polpetta vai a buttare le bucce"
POLPETTA:" ok, mi aiuti Charmant?"
CHARMANT:"No!...papà, la polpetta mi dà le sederate"
STRANO:" Non litigate, ferme non mi fate impazzire. Ferma polpetta, quella patata non va bene, è lessa. Da dove cacchio è spuntata una patata lessa?"
POLPETTA:" Papà non si dice cacchio"
STRANO:"Dove cavolo stanno le teglie piccole...ah eccole qui. Su mettete la carta forno nella teglia. Ognuna la sua, senza litigare"
POLPETTA:" Papà, non hai tagliato molto bene la carta forno, è tutta sbilenca, potresti squadrarla meglio?"
STRANO:"Eccomi arrivo, precisetti come tua madre oh..."

Dalla stanza accanto:"GUARDA CHE TI SENTO!"

CHARMANT:"Ho fatto papo e la polpetta ancora no"
STRANO:"Va bene Charmant, ognuno ha i suoi tempi"
POLPETTA:"papà io non ci riesco."
STRANO:"Non preoccuparti Polpetta, ora arrivo io."
POLPETTA:"NO! Faccio da sola.
CHARMANT:"Io mi sono inventata una leggenda sulla mamma, la volete sentire? Allora un giorno Dio voleva creare una mamma, allora prese una donna, le mise sei mani per tenere tutto senza farlo cadere, due occhi davanti e due di dietro, un naso, quattro orecchie per ascoltare, tre gambe per rincorrere i suoi figli, quattro teste per pensare a tutto lei e..."
STRANO:"...e due bocche, infatti ha sempre qualcosa da dire"
CHARMANT:"No Papà, due bocche così può dare un sacco di baci a tutti i figli.

Dalla stanza accanto:"TIE' BECCATI QUESTA".

Insomma, un'ora e mezzo di lavoro duro allietato da conversazioni di questo tenore e una volta entrata in cucina ho trovato questo:
Tavola apparecchiata dalle stranette
Il menù prevedeva PASTA ALLA CARBONARA
Lo Strano si è lodato per tutto il pranzo per aver dato vita a questo capolavoro
e contorno di ZUCCHINE E PATATE AL FORNO. Il  trionfo del carboidrato, ma chissenefrega,

Alla fine, altro strappo alla regola, anche il caffè
Niente, lo Strano appartiene al comitato "no ai piattini sotto le tazzine del caffè"...e io al comitato"dai rompiamo l'anima con qualunque scusa".

Il tutto condito da bigliettini d'amore
Charmant: Dirigibile lanciafiori
Polpetta: La casa colorata sul prato magnifico.
La Polpetta ha continuato a farmi gli auguri per tutto il giorno. Ogni volta che mi incontra mi canta la canzoncina.
Dunque archiviamo la festa della mamma e anche la crisi isterica della mamma. Fino alla prossima ondata di sciagure naturalmente,
PS. Lo Strano da segni di un forte abbassamento delle difese immunitarie e lamenta moccio sospetto. L'influenza incombe su di lui.


venerdì 1 maggio 2015

FIGHT THE INVALSI

INVALSI=Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione.


Lo Strano mi passa accanto, con la coda dell'occhio scorgo la sua tuta acetata blu. Quando si concia così, già so cosa sta andando a fare.
"Vado a smerdare cara Strana, ci vediamo fra un'oretta"
Nel nostro linguaggio in codice questo vuol dire che si sta recando nel cortile del cane per levare le cacche gentilmente depositate dal quadrupede.
"vai vai attento a non pestarle che altrimenti non ti faccio rientrare"
Lo Strano esce bofonchiando qualcosa contro di me, riguardo al fatto che mi fisso e che sono capace di passare un intero pomeriggio a scartabellare per informarmi su un argomento che mi fa infuriare.
Lo ignoro. Sono furiosa, sì.
Continuo a leggere articoli su questa ennesima bizzarria della scuola italiana che mi manda al manicomio, psicologi, insegnanti, genitori, presidi, per una volta tutti concordi: parafrasando Fantozzi e la sua critica cinematografica alla corazzata Potemkin, questi INVLASI sono una cagata pazzesca.


In pratica si tratta di prove a tempo, quiz beceri pieni di trabocchetti, quesiti da settimana enigmistica che dovrebbero servire a valutare statisticamente il livello di preparazione degli studenti. Poi studiando questi risultati, esimi scienziati, frotte di esperti di psicopedagogia, eserciti di tuttologi, dovrebbero mettere a punto degli stratagemmi per rinnovare e migliorare il sistema scolastico italiano.
E la preparazione di un bambino si dovrebbe valutare in base alle risposte date a domande come questa:

Ora io voglio il nome e il cognome di quello stupido coglione che si è inventato questo quesito. France' dai retta, levate da là che ti misuro io con il metodo della tacca sul muro.
Io lo so che è un anno che non scrivo niente su questo blog, lo so che dovrei iniziare in modo soft, con una simpatica descrizione di un primo maggio passato in un prato a raccogliere margherite e a spalmare crema solare sui volti innocenti delle due stranette, lo so che la polemica, la rabbia, le mie svalvolate, gli attacchi di ira durante i quali lancio oggetti e impreco non sono gradevoli.

MA

Numero uno. Ho raccolto vomito della polpetta fino alle tre del mattino e soffiato il naso della Charmant dalle tre e mezza fino all'alba (domanda invalsi: quanto avrà dormito quindi la Strana? a) mezz'ora b) 30 minuti c) una benemerita ceppa di niente perché un sonno notturno inferiore alle tre ore è del tutto inefficace)

Numero due. Siamo ormai arrivati a Maggio e sono stata messa a dura prova per un intero anno scolastico dalle maestre, dalle mamme, dalle compagne di scuola, dalle suore, dagli imbocchi in fogna, dalle influenze (...le influenze...) dalla definitiva rinuncia al caffè, dalle formiche che in primavera cercano di invadere casa mia, dal cane che mi ha fatto cadere non una ma ben due volte, dall'istituzione del venerdì alcolico, da una gita in camper fino a Genova, dalla recita dei genitori, dalle processionarie nel cortile dell'asilo.

Numero tre. Sono a dieta. Un'altra volta, sì.

QUINDI

Alzandomi dalla sedia e guardando dritta di fronte a me urlo a squarciagola: 

- che questi INVALSI dei miei zebedei non servono a valutare un cacchio di niente e nessuno, ma solo a fomentare invasati e fanatici del nozionismo e della sciocca distinzione fra bravi e cattivi.

Risposte geniali date da alcuni studenti di scuola superiore per protesta

- che  è una vergogna che in un paese dove nelle scuole i solai cadono in testa agli alunni, si spendano decine di milioni di euro in minchiate di queste proporzioni

-che è un'ingiustizia che grida vendetta il fatto che dei bambini di sette anni vengano sottoposti a prove di velocità, con tanto di cronometro, che non servono a niente se non a generare in loro ansia, stress, angoscia


-che i test, per come sono concepiti, non prendono minimamente in considerazione la fantasia dei bambini, la loro creatività, la loro unicità

-che le prove invalsi non valutano, ma giudicano, appiccicano un'etichetta sui bambini, sulla loro omologazione, la standardizzazione, la loro passività.



IN CONCLUSIONE

Fanculo gli invalsi e tutti quelli che ci mangiano sopra, perché di gente che "ce magna" sugli invalsi ce ne sta tanta.
E con questo ho finito l'invettiva.